Lavoro: quando le competenze “batteranno” i titoli di studio?

Lavoro: quando le competenze “batteranno” i titoli di studio? Competenze o titoli di studio 1

Negli ultimi anni il concetto di “soffitto di carta” ha preso piede nel dibattito sul mercato del lavoro, indicando il limite (spesso) imposto dai requisiti di titoli di studio formali per l’accesso a molte posizioni. Il 2024 ha già visto un’accelerazione nella tendenza a superare questo ostacolo, con aziende sempre più orientate a valutare le competenze pratiche e concrete piuttosto che concentrarsi esclusivamente su diplomi o lauree. 

E poi, un altro importante aspetto: il fenomeno dello “skill mismatch” ha evidenziato come molte persone, nonostante abbiano completato percorsi di studi formali, non possiedono comunque alcune competenze specifiche per affrontare le sfide professionali attuali. Per questo, le aziende stanno iniziando ad orientarsi verso una selezione basata più sulle competenze pratiche che sui titoli accademici.

Il titolo di studio è importante, ma è davvero sufficiente?

Il titolo di studio è sempre stato un biglietto da visita importante, una premessa che spesso apre le porte a molte opportunità. Eppure le competenze richieste oggi non sempre trovano una corrispondenza diretta con ciò che viene insegnato nelle scuole o all’università, lasciando un vuoto tra ciò che viene appreso e ciò che serve davvero nel mondo del lavoro. Il mercato evolve troppo rapidamente, e questo spinge le aziende a cercare persone che abbiano già acquisito esperienza pratica sul campo, anche senza un diploma formale.

Per le imprese questo significa poter assumere candidati e candidate che hanno seguito percorsi formativi alternativi, per lavoratori e lavoratrici significa che le possibilità di trovare un’occupazione non dipenderebbe più da un percorso accademico tradizionale, ma dalla capacità di dimostrare di saper svolgere il lavoro richiesto​. Un cambiamento che si manifesta in modo evidente in settori innovativi, ma si sta espandendo rapidamente anche in ambiti più tradizionali.

Nella logistica, per esempio, oltre alla gestione dei software di magazzino, sono essenziali le tecniche di imballaggio sostenibile e la capacità di ottimizzare i processi operativi. Nel settore della ristorazione non basta più saper cucinare o servire ai tavoli, è necessario avere competenze nella gestione delle risorse e delle materie prime, dalla pianificazione degli acquisti alla conoscenza delle norme di sicurezza alimentare. Nel retail, la gestione degli stock, l’allestimento degli spazi di vendita e l’attenzione al servizio al cliente richiedono abilità organizzative e conoscenze sulle tendenze di mercato. Per quanto riguarda la produzione, oltre alla conoscenza delle macchine e delle linee di produzione, sono richieste competenze in ambito di manutenzione preventiva, gestione della sicurezza sul lavoro e ottimizzazione dei processi produttivi. Anche nell’assistenza clienti, si cercano persone capaci di gestire situazioni delicate, risolvere problemi con empatia e mantenere un elevato standard di servizio, sia di persona che a distanza.

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Le competenze e l’esperienza come nuova “moneta di scambio”.

Quando i processi di selezione non portano ai risultati sperati, le aziende dovrebbero fermarsi a riflettere sulle reali motivazioni. Potrebbe trattarsi di aver settato aspettative troppo elevate o, più semplicemente, della consapevolezza che le hard skills che stanno cercando siano effettivamente difficili da trovare nel mercato attuale. In questa seconda ipotesi, è chiaro arrivare a riconoscere che l’esperienza pratica e le soft skills potrebbero essere più preziose dei titoli accademici. Si tratta di un mindset che sicuramente favorirebbe un mercato del lavoro più inclusivo, dove chi ha acquisito competenze attraverso percorsi non convenzionali può finalmente competere ad armi pari con i laureati​.

Il passaggio a un modello di selezione basato sulle competenze offrirebbe vantaggi tanto per chi cerca personale quanto per chi cerca lavoro: 

  • Per le aziende, ridurre l’importanza del titolo di studio permetterebbe di attingere a un bacino di professionisti più ampio, che include lavoratori e lavoratrici con esperienze diversificate e background meno tradizionali. Questo approccio consentirebbe di costruire team più agili, in grado di affrontare sfide complesse con soluzioni concrete;
  • Per i lavoratori e le lavoratrici, significa che le competenze acquisite attraverso l’esperienza pratica, corsi online o l’apprendimento autodidatta potrebbero finalmente ricevere il valore che meritano. Il riconoscimento delle competenze reali, piuttosto che dei soli titoli accademici, permetterà una maggiore mobilità sociale e una democratizzazione delle opportunità di lavoro​.

In ogni caso, quando le aziende non trovano le competenze ricercate, è il momento di rivedere l’approccio.

Alcune soluzioni per colmare il gap di competenze.

Di fronte allo scenario appena presentato, è ovvio che su tutti i fronti si stanno cercando soluzioni per ridurre il divario tra le competenze richieste e quelle possedute. Ad esempio i programmi di upskilling e reskilling, che mirano ad aggiornare o a fornire nuove competenze, stanno diventando sempre più diffusi perché offrono l’opportunità di imparare competenze pratiche e specifiche in tempi relativamente brevi, permettendo ai lavoratori e alle lavoratrici di rimanere competitivi sul mercato. 

Un altro esempio di queste soluzioni sono le academy – iniziative promosse da enti di formazione, aziende e agenzie per il lavoro – che offrono percorsi formativi mirati a sviluppare le competenze tecniche e trasversali richieste dalle aziende. Una risorsa fondamentale per chi cerca un’occupazione e vuole migliorare la propria posizione professionale, mentre le aziende che scelgono di attivare un’academy possono contare su persone formate per le proprie esigenze aziendali, e poi assumerle direttamente nel proprio organico

Per rispondere alla domanda che ha dato forma al titolo di questo contenuto, possiamo sostenere che il momento in cui le competenze supereranno definitivamente i titoli di studio arriverà quando il mercato del lavoro e i sistemi di formazione si allineeranno a questa nuova realtà. E in molti casi, sta già accadendo: sempre più aziende collaborano con enti formativi e agenzie per il lavoro per formare professionisti sulle competenze specifiche richieste dai nuovi scenari professionali. La vera sfida sarà poi creare percorsi di apprendimento continui, che permettano alle persone di aggiornare costantemente le proprie competenze, rendendo il titolo di studio solo uno dei tanti strumenti per crescere professionalmente.

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