Covid in azienda: cosa può e deve fare il datore di lavoro?

Covid in azienda: cosa può e deve fare il datore di lavoro?

Le prevenzione è tutto, ma di questo virus sono molte le cose che ancora non sappiamo: d’altra parte, conoscere a fondo un virus che fino a 2 anni fa non esisteva, sarebbe impossibile. La cosa positiva, è che pare che alcune misure di tutela funzionino, ed è proprio questo l’argomento dell’articolo!

Cosa può fare l’azienda per ridurre il rischio di contagio?

In primo luogo, una parola che in questi mesi ci ha tormentati, nel bene e nel male: smartworking. Meno i dipendenti si assembrano, maggiori sono le possibilità che il contagio da Covid 19 si manifesti; lo smart working è detestato da molti, apprezzato da altri, ma sicuramente meno le persone si spostano e stanno insieme, più il rischio si riduce. Per saperne di più, leggi questo approfondimento sulle differenze tra smart working e telelavoro!

In secondo luogo, se questo non è possibile, è responsabilità del datore di lavoro o di chi si occupa di far rispettare le regole, di informare il team aziendale sulle disposizioni vigenti e sulle soluzioni pratiche adottate: utilizzo delle mascherine, igiene delle mani, frequenti cambi d’aria e distanziamento sociale sono i più comuni, ma in base all’attività specifica possono esserci altre disposizioni. 

Una cosa è assolutamente tassativa: in presenza di febbre, oltre i 37.5 ° C, e con ulteriori sintomi influenzali, l’azienda deve obbligare il dipendente a rimanere a casa (e informare il medico curante – obbligo da parte del dipendente)! Proprio in questi giorni si sta discutendo del connubio privacy e vaccini, e al momento non esiste una soluzione.

Cosa fare in azienda se c’è un caso di positività al Covid-19?

Siete stati attenti, ma l’imprevisto è capitato: non demonizzare il tuo dipendente, non è stato necessariamente irresponsabile. La cosa importante è che questo iter venga rispettato in ogni sua fase; ecco cosa fare per essere in regola:

  1. Comunicazione tempestiva della positività: se il dipendente è positivo, prima lo comunica meglio è. A quel punto scatterà il suo isolamento; 
  2. Individuazione dei contatti stretti: anche in sinergia con lui, è fondamentale capire chi potrebbe aver contratto il virus, e chiedere loro di isolarsi in maniera preventiva.

Ricorda, se il dipendente ha la febbre, non puoi obbligarlo a effettuare il tampone. Sarà il medico curante o i Servizi di Igiene e Sanità Pubblica di riferimento a valutare se è necessario effettuare il tampone.

Ti stai chiedendo cosa si intende con “contatto stretto”? È qualsiasi persona esposta ad un caso probabile o confermato COVID-19 in un lasso di tempo che va da 48 ore prima dell’insorgenza dei sintomi fino a 14 giorni dopo o fino al momento della diagnosi e dell’isolamento del caso.

Cosa fare per far tornare in azienda il dipendente

Sulla base delle disposizioni ministeriali, il dipendente potrà tornare in azienda se presenterà un tampone negativo, mentre il contatto stretto – se non sviluppa il virus – dopo 14 giorni dall’ultima esposizione al caso.

Potrai chiedere al contatto stretto di lavorare in smart working, se sta bene? Previo accordo, si potrà continuare a svolgere l’attività lavorativa in questa modalità. In tale ipotesi il lavoratore non avrà diritto al trattamento economico di malattia, in quanto non ha luogo la sospensione dell’attività lavorativa. Non puoi invece chiederlo al caso conclamato, in quanto è considerato “incapace al lavoro”.

Ispezione in azienda da parte dell’ispettorato

Sono possibili. Oggetto dell’ispezione è il rispetto delle norme anticontagio, ovviamente. I criteri di valutazione, da parte dell’ispettorato, sono: 

1. Accertare il numero di lavoratori interessati dagli ammortizzatori sociali in rapporto ad eventuali esternalizzazioni;

2. Accertare le aziende che hanno collocato in smart working i lavoratori e che hanno richiesto gli ammortizzatori sociali;

3. Monitorare le aziende che non hanno comunicato all’INPS la ripresa, anche parziale, dell’attività lavorativa; 

4. Valutare il rispetto delle specifiche norme predisposte per l’attività produttiva.

Crediamo che una guida completa dovrebbe includere molti più elementi, ma le norme sono variegate, e variano in base a moltissimi fattori: è ovvio che le misure adottate da uno studio commercialista saranno diverse da quelle previste per un’azienda logistica

I casi positivi possono verificarsi, ma prevenire i contagi sul lavoro deve essere una priorità per tutti: per il datore di lavoro e per il dipendente. Alcuni accorgimenti pratici possono essere delimitare le distanze con del nostro adesivo colorato, posizionare dispensare di igienizzante in tutti gli ambienti, predisporre percorsi e tenere mascherine di riserva nell’ambiente lavorativo. 

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