Differenza tra smart working e telelavoro: sono la stessa cosa?

Il lavoro da casa è stato uno degli argomenti più discussi nel periodo Covid, e speriamo possa “accompagnarci” ancora a lungo, come concetto. Ma dietro alla generica nozione di “lavoro in un luogo che non sia l’ufficio” si nasconde una questione ben più complessa, ovvero la differenza tra smart working e telelavoro

Forniamo una definizione preliminare: lo smart working è una modalità di lavoro che permette maggiore flessibilità, che non tiene conto del luogo dove la prestazione viene svolta né degli orari; il telelavoro invece è una soluzione definitiva dei dipendenti, che svolgeranno il proprio lavoro in un luogo diverso dalla sede aziendale, ma alle stesse condizioni: gli orari saranno fissi, e i lavoratori dovranno essere online durante le ore giornaliere previste dal contratto.

Smart working: il lavoro per obiettivi.

Dal 1 Marzo 2020, il termine smart working è rimbalzato sulle testate giornalistiche di tutto il Paese: se ne incentivava l’utilizzo, in vista del contenimento della pandemia. Il lavoro agile, come viene tradotto in italiano, vede nel non recarsi in ufficio una minima parte della propria innovazione

Ciò che rende questa modalità lavorativa peculiare è il ripensamento delle dinamiche lavorative in termini di flessibilità, responsabilità e organizzazione. A essere fondamentale, per le aziende che scelgono lo smart working per i propri dipendenti, non è saperli online dalle 9.00 alle 18.00 (orari regolari di un ufficio), ma vedere la conclusione del progetto nei tempi previsti. 

Strumento di welfare aziendale, sicuramente. Ma anche ripensamento di un paradigma, quello del “lavoro da ufficio”. I lavoratori in smart working, qualora sia effettivamente tale, e non telelavoro, come spiegheremo in seguito, vedono il tangibile miglioramento del work life balance, e possono devolvere parte della giornata ad altre attività. 

Un lavoratore o una lavoratrice che può concedersi una passeggiata a metà pomeriggio è più felice? Presto per dirlo, ma sicuramente poter ragionare in termini di raggiungimento dei risultati e non di rispetto degli orari di apertura e chiusura dell’ufficio è di stimolo per i dipendenti.

Ovviamente esistono anche dei limiti, emersi in modo particolare durante il corso del 2020: oltre al fatto che per molti lavoratori non è stato previsto un trattamento normativo per il periodo, né buoni pasto per lo smart working, a creare problemi sono stati la gestione degli spazi, e l’aumento indistinto del carico lavorativo. Riguardo quest’ultimo punto, esiste un riferimento chiaro alla contrattazione collettiva nazionale, dove si esplicita che l’orario di lavoro giornaliero e/o settimanale non può superare quanto previsto dal CCNL applicato dall’impresa.

Un auspicio per il futuro, è vedere smart worker al parco, in biblioteca o al bar. A patto che le relazioni umane non si disperdano, lavorare per obiettivi è una modalità da incoraggiare, che può garantire grandi risultati.

Telelavoro: stessi orari, sede diversa.

Il telelavoro è una soluzione definitiva, o quantomeno a lungo termine per il lavoratore o la lavoratrice: non è infatti possibile, per chi abitualmente si reca in ufficio, decidere di scegliere il telelavoro per un giorno a settimana. 

Questo perché il telelavoro prevede la definizione di una sede dove vengano spostate le responsabilità che avrebbe avuto in ufficio. Il carico di lavoro, gli oneri e i tempi della prestazione, insomma, devono essere equivalenti a quelli dei lavoratori che svolgono la prestazione all’interno del posto di lavoro.

Inoltre, nella nuova sede (che spesso, ma non necessariamente) coincide con l’abitazione, deve essere presente una adeguata dotazione di strumenti informatici, a carico dell’azienda.

Ciò che è fondamentale, è il collegamento tra dipendente e datore di lavoro. In base a questo parametro, il telelavoro può differenziarsi in: 

  • telelavoro online: c’è un’interazione costante tra le due parti del rapporto grazie a specifici canali telematici; 
  • telelavoro one way: c’è un collegamento a senso unico con la trasmissione di dati e di informazioni esclusivamente dal lavoratore all’azienda, senza possibilità di trasmissione dei dati in senso contrario;
  • telelavoro offline: non c’è alcun collegamento elettronico tra il lavoratore e l’azienda. 

Concludendo, ciò che gli italiani hanno sperimentato durante la pandemia non è smart working, ma telelavoro forzato

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