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Il colloquio di selezione è indicato da moltissimi lavoratori come uno dei momenti maggiormente stressanti della propria carriera lavorativa. Ma nessuno sembra pensare a chi sta dall’altra parte: reclutare non significa soltanto riempire una posizione libera, o fare le migliori domande a un candidato. Significa trovare una persona, conoscerla, comprenderla e stabilire se può essere compatibile con l’ambiente in cui si troverà ad operare.
Come porre le domande da fare ad un candidato e alcuni utili suggerimenti per condurre un buon colloquio
Il mercato del lavoro non è un supermercato, e non ci sono scaffali tra cui scegliere le risorse. Si presenta dunque la necessità, per il recruiter o per chi è stato insignito del compito di intervistare, di stabilire una linea da adottare durante i colloqui. Iniziano ad arrivare candidature al tuo annuncio di lavoro? Ecco una miniguida che risponde ad alcune domande sulla selezione.
Purtroppo non esiste un prontuario del recruiter con indice di soddisfazione del 100%: ma – possiamo dirlo – è meglio così. Le domande vanno calibrate sulla base di fattori diversi, tra cui il grado di istruzione, la formula contrattuale prevista, il modo in cui siete venuti a contatto con il candidato.
Qualunque sia il parametro tra quelli elencati, ecco alcuni consigli sull’approccio da adottare: siate gentili, ricordate quando eravate voi ad essere intervistati. L’intervista non è l’esame di maturità, né un interrogatorio di garanzia. Tentate di trasmettere calma a chi è dall’altra parte, la sua performance risulterà migliore, così come lo svolgimento dell’intero colloquio.
Ecco perché è utile dargli il benvenuto, all’inizio del colloquio: servirà a farlo sentire a proprio agio! Allo stesso modo, introducete il team di persone presenti durante il suo colloquio. Diversi sono i racconti horror di candidati intervistati da più di quattro persone, di cui non sapevano né il nome, né la mansione, né il motivo effettivo per cui fossero presenti (e ricordate che il web pullula di piattaforme sulle quali i candidati sparlano dei recruiter: tentate di non finirci!).
Un ulteriore suggerimento è di non porre domande a risposta chiusa: date al candidato la possibilità di parlare, esprimersi e raccontare; dal modo in cui articola un periodo potrete ricavare utili informazioni sulle sue capacità di ragionamento.
Domande mirate sull’istruzione, o il percorso formativo della persona che si ha di fronte, aiutano a valutare la capacità di autocritica. Possiamo inoltre chiedere pregi e difetti, una domanda su cui i candidati sembrano arrovellarsi in modo particolare (siamo certi che nella loro cronologia di Google compaia “quali sono i migliori difetti da dire al colloquio!).
Se nel CV sono segnalate le soft skill, andiamo più a fondo! Chiediamo di raccontare un episodio dove chiaramente emerga la soft skill in questione, e valutiamo se il sistema valoriale del candidato può essere in linea con quello dell’azienda, oppure con la posizione per cui si sta proponendo. Al termine dello step di reclutamento, ringraziatelo. Idealmente, consigliamo di comunicare realmente l’esito del colloquio, e una deadline entro la quale tale comunicazione dovrebbe avvenire. Dice molto di voi e della policy della vostra azienda verso il lavoratore!
Alcune domande utili da porre telefonicamente al candidato
Riportiamo quanto detto precedentemente: ogni colloquio è a sé. Ma – soprattutto per quanto riguarda il colloquio telefonico – è utile, come prima forma di selezione, porre queste domande:
- Per rompere il ghiaccio: fatevi raccontare qualcosa su di lui, sul suo percorso formativo o sulle precedenti esperienze;
- Per scoprire se ha studiato: chiedetegli cosa sa dell’azienda;
- In vista di un ulteriore step: perché ha scelto proprio quella posizione in quell’azienda?
Fate attenzione al timing, notate come il candidato gestisce il tempo e a quali informazioni dà la priorità. Saranno informazioni fondamentali nelle successive fasi della selezione! E infine, lasciate del tempo al candidato per porre lui a voi delle domande: sarà allo stesso modo importante.
Adesso simuliamo una telefonata a un candidato, per mettere in luce un elemento di criticità che sembra ripetersi con costanza. Dopo aver effettuato uno screening attento, contattiamo quel candidato che ci ha colpiti, verso il quale nutriamo grandi aspettative. Perfetto, se non fosse che – una volta risposto – lui non ha idea di chi siamo, perché lo stiamo contattando e qual è la posizione in gioco.
Questo accade perché le persone tendono ad applicare a troppe posizioni, dal momento che – basandosi sulla legge dei grandi numeri – “Dai, almeno uno mi richiamerà!”. Per colmare questo gap, dove il candidato prende tempo e lo sentiamo battere forsennatamente sulla tastiera alla ricerca di informazioni, procediamo così: dopo averlo salutato, presentiamoci, spieghiamo che lo stiamo contattando in seguito alla ricezione della sua candidatura per una specifica posizione, ricevuta su quale piattaforma in quale data. Non dimentichiamo di domandare, all’inizio della telefonata, se si tratta di un buon momento per parlare (potrebbe trovarsi nell’ufficio del posto di lavoro che vuole lasciare, ed essere in imbarazzo).
Quali sono le domande per il colloquio comportamentale/conoscitivo
Il recruiter che si appresti a questo step, deve avere chiaro che – in quanto colloquio “comportamentale-conoscitivo”, le competenze tecniche non saranno oggetto della valutazione del candidato.
L’essere umano è meravigliosamente sfaccettato: durante questo step avrete modo – se sarete bravi – di scandagliare meglio il vostro candidato.
Chiedetegli di parlare di sé: il modo in cui valuta il proprio operato, l’autocritica eventuale di sé stesso, diranno molto su di lui. Domandate perché ha scelto un determinato percorso di formazione, cosa ha guidato la sua scelta e se lo sceglierebbe di nuovo.
Le domande a lungo termine sono utili per valutare la propriocezione delle persone: comprenderete se hanno ambizione, e se questa è realistica o meno (è piuttosto ovvio che un candidato a una posizione junior che afferma di voler diventare CEO dell’azienda per cui si candida entro un anno sarà considerato poco ancorato alla realtà).
Se segnala nel proprio CV le soft skill, approfondite. Se chi siede davanti a voi – o dall’altra parte del monitor, visti i tempi – sostiene di avere leadership, fatevi raccontare un’esperienza dalla quale emerga la leadership del candidato.
Un ultimo tip: non fatevi trovare impreparati, dimostrategli di aver letto e analizzato il suo CV.
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