L’effetto alone nella valutazione

A cosa serve la valutazione della performance? Domanda lecita, perché quando il termine “valutazione” fa la sua comparsa, le menti si affollano di scenari alquanto nefasti. In questo articolo ci occupiamo di spiegare perché valutare sia necessario, come farlo in modo sano per l’azienda e per il benessere dei dipendenti, e di come scongiurare l’effetto alone.

La valutazione non è fine a se stessa: non è uno strumento di umiliazione, né qualcosa che possa connotarsi solo di accezioni negative. Valutare significa capire cosa funziona e cosa no, e avere tutti gli elementi per premiare ciò che va bene, e per migliorare ciò che può essere migliorato. 

La modernità ci ha abituati a temere il giudizio, perché – pensiamo – questo possa essere soltanto negativo: non è così, se affrontato in ottica di arricchimento. La tematica è complessa, ma noi cercheremo di renderla il più semplice e chiara possibile: addentriamoci più da vicino nella valutazione della performance e nell’effetto alone.

Alcuni possibili strumenti di valutazione.

Non esiste uno strumento di valutazione valido per ogni contesto lavorativo e per lo svolgimento di ogni mansione: la psicologia e gli addetti ai lavori hanno individuato alcuni metodi di valutazione, ma sta alla persona preposta alla valutazione stabilire quale meglio si adatti al contesto aziendale di riferimento. Ecco alcuni dei più noti.

Scale di valutazione

Per sfruttare questo metodo, occorre trascrivere in fattori le caratteristiche personali, la prestazione e l’identificazione nel compito e  le relative responsabilità. Ogni fattore può essere rilevato con intensità diverse dal valutatore e tradotto in un rango prefissato, o in un valore (scale lineari). In questo metodo, assume particolare rilevanza la scelta dei fattori che devono essere: significativi rispetto alla finalità della valutazione, facilmente individuabili, idonei a valutare la prestazione e non l’individuo in astratto.

Metodo del confronto

Un metodo che tendenzialmente risulta “antipatico” ai soggetti oggetto della valutazione: consiste nel comparare la performance dei membri del gruppo, e stilare al termine una graduatoria, oppure nel confronto a coppie col quale ogni soggetto viene comparato singolarmente con ognuno degli altri soggetti appartenenti al gruppo. 

Distribuzione forzata

Il valutatore esprime i propri giudizi sui soggetti, secondo percentuali prefissate. Questo permette di evitare la tendenza a concentrare i giudizi sui valori più elevati o comunque di non far emergere differenze. Per maggiore chiarezza, con “percentuali prefissate” intendiamo: un 10% al livello massimo e 10% al livello minimo, 20% al livello intermedio superiore e 20% al livello intermedio inferiore, 40% al livello medio. Non ha pretese di assoluta oggettività, ma tende a essere un metodo che genera dispute e risentimento: usare con cautela.

Liste di controllo

La valutazione dei candidati o delle risorse in organico mediante liste di controllo prevede che il valutatore scelga, da una lista contenente descrizioni sintetiche di particolari caratteristiche e comportamenti, quelle che meglio si addicano al soggetto da valutare. È un metodo che si configura maggiormente come “descrittivo”, ma utile nelle fasi preliminari.

Metodo dell’incidente critico

Focus di questo metodo è la rilevazione, da parte del valutatore, di componenti particolarmente rilevanti ai fini dell’assolvimento di una funzione. I pro risiedono nel fatto che si appoggia a fatti e non a giudizi, dall’altra – purtroppo – risente di una certa arbitrarietà nella scelta proprio dei fatti e nella loro interpretazione.

Valutazione per obiettivi

Settati gli obiettivi, si valuta il loro raggiungimento: semplicissimo. Si consiglia di utilizzarlo per i risvolti retributivi della posizione in questione, o per posizioni caratterizzate da autonomia e capacità decisionale del soggetto, e non per quelle in cui le azioni sono condizionate da altri flussi, interni o esterni.

L’effetto alone nella valutazione.

Nell’ambito della valutazione, non si può non menzionare l’effetto alone: si tratta di un bias cognitivo, che prevede che la percezione di un singolo tratta sia influenzata – positivamente o negativamente – dalla percezione di un aspetto positivo o negativo, o da più aspetti, dell’individuo stesso.

Si tratta di un bias noto a chi si occupa di comunicazione, medicina, ma anche nelle risorse umane è comune: l’esempio più tipico riguarda l’aspetto fisico: siamo portati a considerare più intelligente una persona, se il suo aspetto è piacevole, ordinato e risponde ai nostri canoni di bellezza.

Le strategie di cui abbiamo fatto menzione precedentemente servono proprio a evitare che questo – e altri bias – si impossessino del valutatore, e che valutare oggettivamente non sia più possibile. Quando sono le persone a essere soggette al giudizio, scongiurare le interferenze deve essere una priorità.

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La differenza tra effetto alone ed effetto pigmalione.

Se l’effetto alone prevede che un tratto ne influenzi altri, l’effetto pigmalione (detto anche “effetto Rosenthal”) indica la tendenza del soggetto a comportarsi in modo corrispondente alle aspettative che gli altri hanno su di lui. Un esempio? Se l’effetto pigmalione è balzato agli onori della cronaca per l’esperimento di Rosenthal sui bambini delle elementari, purtroppo non ha solo l’effetto di far brillare doti che ancora non sappiamo di avere. 

Se è vero in positivo, è vero anche in negativo: immaginiamo un dipendente vittima di antipatia da parte del capo, per incomprensione o per incompatibilità caratteriale. Il capo si aspetterà il peggio della risorsa, la quale – se colpita da effetto pigmalione – tenderà ad assecondare questa aspettativa in negativo, senza dare il meglio di sé o dimostrare al team ciò di cui è capace, perché “Tanto il capo mi odia”.

Valutare è complicato, e non ci si può improvvisare valutatori. Il rischio di fare più danni che altro è dietro l’angolo: servono professionisti formati e con esperienza nel campo, perché – come abbiamo mostrato – la valutazione è un campo minato, e la valutazione dipendenti deve essere una priorità, da perseguire con ogni mezzo. Ad esempio con un software HR, che può supportare HR Manager e amministratori d’impresa a gestire il percorso di lavoratori e lavoratrici in azienda.

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