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Employee attraction, acquisition, retention… Cosa significano questi termini e perché se ne sente parlare sempre di più? Il motivo è semplice, è ha molto – se non tutto – a che fare con il periodo storico che stiamo vivendo: in un periodo che passerà alla storia per le “grandi dimissioni” che hanno interessato le aziende, non deve sorprendere che valorizzare il personale e conservare i propri dipendenti sia diventata una priorità per le organizzazioni.
In questo articolo ci soffermeremo sull’employee retention, ovvero su quale possa essere la strategia aziendale a cui attenersi per trattenere i talenti all’interno delle aziende: l’HR retention non è altro che questo, ma se a parole può sembrare facile assicuriamo che a livello pratico non è esattamente una passeggiata. Arriverà sempre qualcuno in grado di offrire di più, ecco perché occorre lavorare sui processi, sul work-life balance e sul clima aziendale. Ma tuffiamoci nell’argomento!
Cos’è l’employee retention?
Come al solito, partiamo con le definizioni: per “Employee Retention” intendiamo la capacità di un’azienda, ente o organizzazione di trattenere i dipendenti al suo interno. Le strategie che vengono messe in atto per trattenere le persone sono politiche volte ad accrescere il livello di soddisfazione dei lavoratori, ottenendo un vantaggio competitivo sulle aziende competitor.
L’employee retention svolge inoltre un ruolo fondamentale nel mantenere al giusto livello il turnover aziendale (ovvero il flusso di nuovi ingressi e uscite interni all’azienda), evitando che raggiunga pericolosi picchi, che tendono a significare che qualcosa non sta funzionando. Più semplicemente, un’azienda da cui i lavoratori non vedono l’ora di scappare è un contesto dove è opportuno intervenire in modo tempestivo.
Employee retention rate: cos’è e come si calcola
L’employee retention non è un concetto astratto, c’è una formula da utilizzare per il suo calcolo (e le successive valutazioni che seguiranno). Eccola: occorre dividere i dipendenti “rimasti” a fine anno per quelli presenti in azienda a inizio anno, moltiplicandoli poi per 100. Quello che otterremo è il tasso di retention.
Forniamo un esempio chiarificatore: se un’impresa inizia l’anno con 1000 dipendenti, e alla fine dell’anno ne ha invece 700 (esclusi nuovi assunti e coloro che sono andati in pensione), il tasso di retention sarà al 70%. Ricordiamo che gli esperti del mondo delle risorse umane giudicano elevato il turnover quando supera il 15%! Tenere queste cifre sotto controllo permette di avere sempre chiaro la situazione aziendale, quindi il nostro consiglio è di effettuare questi calcoli con scadenze precise.
Come migliorare la employee retention in azienda?
Ci sono molti fattori, materiali e immateriali, che influiscono sulla capacità di trattenere i talenti all’interno delle aziende. Ecco alcuni dei più comuni:
- Valorizzare la cultura aziendale: influisce sulla comunicazione interna e nella creazione dello spirito di team, oltre che nella definizione di obiettivi condivisi e raggiungibili;
- Welfare aziendale: offrire benefit o incentivi di varia natura garantisce ai dipendenti servizi o retribuzioni complementari che ne aumentano il benessere e il potere d’acquisto;
- Formazione e sviluppo delle skill: l’acquisizione di nuove competenze è un valido strumento per progredire nelle mansioni, oltre che di autostima (qualcuno scommette su di loro!);
- Rapporti interpersonali: che si parli del rapporto con i superiori o i peer nel team, attenzione che si tratti di rapporti all’insegna della trasparenza e dell’equilibrio;
- Piani di carriera: è sempre opportuno condividere con il diretto interessato il progetto di carriera che è stato delineato con lui, fissando frequenti feedback session per valutarne i progressi;
- Ambiente di lavoro: fornire gli strumenti adeguati per svolgere le mansioni, o assicurarsi che gli ambienti aziendali siano appropriati è fondamentale per garantire serenità durante lo svolgimento.
A margine, un consiglio che diamo a chi si addentri in queste dinamiche è quello di condurre processi di selezione del personale accurati, concedendo il giusto tempo a recruiter e candidati per fare le opportune valutazioni (vuoi conoscere le nuove tecniche di selezione del personale? Abbiamo scritto un articolo ad hoc!).
Quali sono le cause che spingono i dipendenti a dare le dimissioni?
Ogni caso ha una propria storia e specifiche a sé, ne siamo consapevoli. Ma alcuni elementi tendono a ripetersi, ecco allora le principali cause di dimissioni all’interno delle aziende:
- Retribuzioni non competitive
- Attività demansionanti e non coerenti con il reale progetto di crescita
- Cattive relazioni con i colleghi e superiori
- Mancanza di flessibilità (ad esempio, possibilità di usufruire del lavoro agile)
- Assenza di motivazione e gratificazione
- Desiderio di dedicarsi a progetti imprenditoriali propri
Se quello che vuoi ottenere è la fidelizzazione dei tuoi dipendenti, occupati di quante di queste motivazioni possono dipendere da te o dall’azienda in cui lavori e implementa la giusta strategia di business per trattenere i dipendenti talentuosi di cui non puoi fare a meno.
Se l’argomento ti appassiona, parliamone! In Jobtech scovare talenti è la nostra priorità, così come creare match perfetti con le aziende che ci scelgono. Se vuoi scoprire i nostri servizi per le aziende, contattaci!