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Tante sono le motivazioni che rendono necessaria una exit interview: un licenziamento o un caso di dimissioni, la fine di uno stage che viene rinnovato. Ma a prescindere dalle cause, la exit interview è un momento che dice molto dell’attenzione dell’azienda verso la persona, anche se il rapporto lavorativo sta per interrompersi.
Perché la exit interview è così importante? Perché – data la posizione della persona, che non avrà più rapporti con l’impresa in questione – farà emergere spunti disinteressati, utili per capire cosa sta funzionando e cosa no nel contesto aziendale e come correggere il tiro su ciò che può essere migliorato.
Il nostro consiglio, a margine, è di non farsi sfuggire questa opportunità di employer branding per l’azienda: se ben condotta, la exit interview può rappresentare un momento di coinvolgimento e valorizzazione del dipendente, che difficilmente dimenticherà.
Cos’è una exit interview?
La exit interview è un colloquio che ha luogo tra un dipendente in uscita e una persona pertinente al team di risorse umane e/o con una posizione manageriale. Avviene dopo che al dipendente è stata comunicata la notizia della sua uscita, oppure dopo che ha deciso lui stesso di lasciare l’azienda.
Non ha una durata specifica e delimitata, ma dovrebbe impiegare tutto il tempo necessario a permettere alla persona esaminata di mettersi a proprio agio ed esprimersi sull’argomento. Possiamo ipotizzare, per una exit interview di 5-6 domande, una durata di 45 minuti/un’ora che però va – ovviamente – calibrata sulla base della persona che ci stiamo intervistando.
In questa sede si parlerà delle eventuali motivazioni dell’addio di un dipendente o dei motivi che hanno portato a non confermalo, dei salari, dei percorsi di carriera interna e tutto sarà funzionale a migliorare le condizioni dei tuoi dipendenti, presenti e futuri. Ecco perché non deve essere sottovalutata.
Perché si tratta di un momento strategico per tutta l’azienda?
Abbiamo identificato tre motivazioni che rendono il colloquio di uscita strategico e importante per tutta l’azienda, con particolare attenzione al team di risorse umane, da cui – con ogni probabilità – sarà organizzato e condotto.
- Permette di comprendere cosa è andato bene e cosa no nei riguardi della persona: le situazioni sono tante e diverse, ma intervistando una persona che lascia l’azienda è possibile evidenziare cosa ha apprezzato e cosa invece può essere migliorato. Dall’onboarding, alle comunicazioni, alle relazioni, gli spunti saranno tantissimi;
- Consente di valutare l’organizzazione con cui l’individuo si è confrontato: dalle domande di exit interview emergerà qualcosa sul percepito personale della persona riguardo all’azienda. Potrebbero nascere riflessioni sull’immagine o sul brand, o altri dettagli sull’impresa a cui non avevi pensato;
- Costituisce un fondamentale momento di employer branding: porre cura e scrupolo nei riguardi di una persona in uscita dice molto dell’azienda. Se avrà un bel ricordo dell’impresa, ne parlerà bene: questo è importantissimo. Allo stesso modo, mettere l’individuo in condizione di porre domande, anche sul suo futuro, o chiedere consigli, sarà per lui un’opportunità importante e che difficilmente dimenticherà.
Come preparare al meglio un colloquio di uscita.
Scaricare un template non è la migliore idea possibile, a nostro avviso. Ogni exit interview dovrebbe essere personalizzata in base al lavoratore che siede di fronte a noi. Ecco però alcune domande del colloquio che possono offrire spunti interessanti:
- Onboarding: è stato funzionale a capire le mansioni, la mission aziendale, l’organigramma e gli obiettivi
- Relazione: si sono verificate relazioni suppletive, competitive, reticenti o altro nei confronti di tutto il team, dei peer o degli head;
- Obiettivi di carriera: l’offerta era in linea, si è verificato disallineamento oppure ha portato a considerare nuove aree professionali;
- Cosa è stato maggiormente apprezzato?
- Cosa si sarebbe potuto fare meglio?
Ovviamente si tratta delle nostre idee: se nella tua azienda si verificano dinamiche diverse, adatta questi quesiti alla tua realtà.
Do e don’t delle exit interview.
Ecco tre comportamenti da incoraggiare, da parte dell’intervistatore nei riguardi dell’intervistato:
- Mettere la persona a proprio agio, davanti a un caffè, in una saletta appartata e con discrezione;
- Permettere a chi è intervistato di sfogarsi e porre lui stesso delle domande;
- Fornire tutto il supporto che l’intervistato richiede, come un aiuto nell’aggiornamento del CV o la strategia migliore per comunicare l’addio ai colleghi.
Ecco invece alcuni comportamenti che non rendono giustizia al momento:
- Sostituire la exit interview con una exit survey (traduzione: sondaggio di uscita): questo momento acquisisce valore se c’è interazione;
- Interrompere la persona che parla, prendere troppi appunti e guardare l’orologio;
- Voler “difendere” in modo prepotente l’azienda, senza lasciare spazio alla persona per mostrare ciò che non ha funzionato.
La exit interview non è solo un colloquio gestionale, ma un’occasione per l’azienda di mostrare tutto il proprio valore e la propria cura verso i lavoratori. Si tratta di un momento chiave del processo di offboarding, che può essere semplificato e ottimizzato grazie a un software HR affinché tu possa concentrarti sulla persona che sta per concludere il suo percorso professionale.
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