Salario Minimo in Italia: situazione al 2022 e prospettive future

Salario Minimo

Chi non ha mai sentito parlare, almeno una volta nella vita, di salario minimo? Chi al telegiornale, chi leggendo un quotidiano, chi durante una lezione a scuola… È un termine piuttosto frequente, eppure non abbastanza da entrare definitivamente nel vocabolario della disciplina del lavoro del nostro Paese. Sì, perché di salario minimo – in Italiase ne parla ormai da diverso tempo senza mai arrivare a un dunque.

Sono pochi i Paesi dell’Unione Europea nei quali – al 2022 – non è ancora previsto il salario minimo. Sei su ventisette, per essere precisi. L’Italia rientra in questo breve elenco – che nel corso dell’articolo avremo cura di definire – e nonostante i numerosi dibattiti sembra essere ancora lontana una riforma il cui scopo di fatto sarebbe quello di tutelare moltissimi lavoratori italiani.

In questo contenuto chiariremo dapprima la definizione di salario minimo per poi concentrarci su alcuni aspetti rilevanti che meritano il nostro approfondimento. Economia e mercato del lavoro si intrecciano in questo articolo del blog di Jobtech, che speriamo possa chiarire qualche dubbio!

Cos’è il salario minimo?

Il salario minimo – come chiarisce la legge – non è altro che la soglia minima sotto la quale un datore di lavoro non può scendere nell’assegnazione dello stipendio base in uno specifico arco di tempo. L’introduzione di un minimo sindacale in molti Paesi è stata necessaria per tutelare quella fascia di popolazione che – pur essendo occupata – si trova in condizioni di povertà o di difficoltà economica

In Italia – come abbiamo visto – non essendoci ancora certezze circa un imminente approvazione, ciascun minimo tabellare è disciplinato dal contratto collettivo nazionale a cui il dipendente si riferisce, che solitamente si differenzia per settore di appartenenza. La decisione è quindi in mano a Sindacati e Organizzazioni Datoriali.

Unione Europea e salario minimo: a che punto siamo?

Insieme all’Italia, i Paesi che ad oggi non hanno ancora introdotto il salario minimo nazionale sono i seguenti:

  • Danimarca;
  • Cipro;
  • Austria;
  • Finlandia;
  • Svezia.

La Svizzera, poi, è un caso a parte. Pur non prevedendo il salario minimo disciplina la retribuzione in modo differente a seconda della zona di residenza (i Cantoni) e al tipo di professione svolta. 

Differenze di un certo spessore – tuttavia – si fanno strada anche tra i 21 paesi che hanno introdotto il salario minimo. Basti pensare che tra la Bulgaria e lo stato del Lussemburgo intercorrono quasi 2000€ di gap a favore di quest’ultimo. O meglio, a favore dei lavoratori lussemburghesi. La scelta circa l’importo esatto del salario minimo spetta al singolo Paese e tiene conto soprattutto dello standard di vita, il che sembrerebbe giustificare la differenza che vede favoriti gli stati dell’Europa Centrale. Un fatto che rispecchia una scontata certezza: alcuni Paesi – a prescindere da tutto – sono e saranno comunque più ricchi di altri.

Perché (non) introdurre il salario minimo in Italia?

Chiedersi dunque perché l’Italia sembrerebbe essere rimasta indietro rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea è più che lecito. Soprattutto dal momento che – in base a quanto visto finora – l’introduzione di un decreto sul salario minimo andrebbe a tutelare una categoria di persone in situazioni di precarietà, che in Italia sono ben 4 milioni. Un numero – purtroppo – non indifferente

Quel che spesso non si legge sui giornali – e che riportiamo per conoscenza – è che lo scetticismo dei sindacati in materia si fonda principalmente sull’esistenza di nette differenze tra gli stipendi medi degli italiani ed il loro stile di vita, differenze che a quanto pare i CCNL prenderebbero maggiormente in considerazione rispetto al salario minimo. La Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori è infatti convinta che molte aziende potrebbero addirittura decidere di svincolarsi dai contratti collettivi se il salario minimo nazionale fosse più conveniente per loro, trasferendo la tutela del lavoratore in secondo piano quando invece dovrebbe essere il focus.

Salario minimo in Italia: cosa possiamo aspettarci per il futuro?

L’introduzione del salario minimo – come si può facilmente intuire – è un argomento che riguarda molto da vicino diritti e i doveri del datore di lavoro quanto dei lavoratori. Quando – e se – mai questo avverrà, la presenza di informazioni chiare e precise proprie di un cambiamento di questa portata non potrà di certo mancare.

Siamo ancora ancora lontani da quel giorno, tuttavia. Durante il corso del 2020 l’Europa aveva stabilito dei principi quadro a proposito di salario minimo, ma in Italia non sono ancora stati approvati. Nonostante la speranza di alcuni partiti politici risieda nella possibilità di poterlo garantire al più presto, il Ministro Orlando ha dichiarato che i presupposti per trovare un accordo generale potrebbero non concretizzarsi nel breve periodo, ma continuerà a battersi per l’aumento delle retribuzioni. D’altronde per lui – come per molti italiani – il salario minimo è un obiettivo giusto.

Jobtech è – come sempre – dalla parte delle aziende e dei lavoratori. Il nostro obiettivo è favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, obiettivo che perseguiamo con i nostri servizi HR: somministrazione di lavoro, staff leasing, ricerca e selezione del personale, outsourcing, attivazione tirocinio e corsi di formazione. Se desideri approfondire e scoprire cosa possiamo fare per te, contattaci!

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