Settimana lavorativa 4 giorni: è possibile per la tua azienda?

Una settimana lavorativa di 4 giorni: un sogno che si avvera, per la quasi totalità dei dipendenti. E un weekend di ben 3 giorni, qualcosa che i lavoratori conoscono solo in occasione di ponti e festività.

E se le metriche delle giornate lavorative potessero essere ripensate? Meno giorni lavorativi e stipendio pieno, per sperimentare un nuovo equilibrio vita lavoro dove, sulle 168 ore di ogni settimana, solo 32 siano dedicate al lavoro.

È possibile? Siamo in preda al delirio? No, e adesso vi spieghiamo perché è una soluzione su cui dovreste riflettere attentamente.

La Spagna: un esperimento di 3 anni

L’idea viene dalla Spagna, e non è un aziendalista visionario a parlare: si tratta del partito di Iñigo Errejón, creato dopo l’uscita da Unidas Podemos, ovvero Màs Paìs. Una proposta del governo dunque, che si vorrebbe attuare con un iniziale esperimento triennale. 

A Valencia si sta già sperimentando, e poi si potranno trarre le opportune conclusioni. Le imprese che aderiranno avranno diritto a una copertura statale dei costi: 100% il primo anno, al 50% il secondo e 33% il terzo.

Le valutazioni riguardano più ambiti, tra cui la convenienza economica, la produttività dei dipendenti e l’equilibrio vita lavoro. Ma potrebbe davvero essere una rivoluzione, per il mondo del lavoro.

Il resto del mondo

Le opinioni, nel resto del mondo, esistono già. Le aziende con settimana lavorativa ridotta a 4 giorni, o con orario diminuito, anche se temporaneamente o come test per il futuro, esistono. Citiamo infatti la Toyota, che a Goteborg ha sperimentato turni di 6 ore, con esiti molto soddisfacenti. 

Ancora, conosciamo il caso di Microsoft e della settimana lavorativa ridotta a 4 giorni in Giappone, nel 2019. L’azienda ha comunicato di aver accresciuto la propria produttività con vette fino al 40%.

Nel 2020 è stato il turno di Software Delsol in Spagna, che ha dichiarato di aver ridotto l’assenteismo al 30%, se confrontato ai dati della settimana di 5 giorni. Proprio in questo anno 2021, anche Unilever in Nuova Zelanda ha sposato la causa.

 I benefici: 4 da considerare

Oltre alla maggiore quantità di tempo libero a disposizione dei lavoratori, a intrigare di questa soluzione sono anche altri vantaggi: 

  • Incremento della performance: i dipendenti più felici e stimolati performano meglio, non è un’opinione. E i lavoratori che vedono la propria settimana lavorativa ridursi non possono che essere stimolati a dare il massimo;
  • Percezione positiva dell’azienda: un’azienda che riduce le giornate di lavoro vuol dire che si fida dei dipendenti, e ha a cuore il loro benessere. Un potentissimo strumento di talent attraction;
  • Work-life balance: quell’equilibrio vita lavoro di cui si è detto e ridetto, con questa soluzione risulterebbe molto più perseguibile. E non solo per i dipendenti, ma per ogni comparto dell’organigramma aziendale;
  • Risparmio dei costi: che si tratti di lavoratori in presenza o in smart working, ci sono sempre dei costi da sostenere per gli uffici o per la connessione. Scegliendo questa soluzione, il taglio risulta evidente; con un occhio di riguardo anche all’ecologia, che beneficerebbe del minor numero di spostamenti.

 E lo stipendio? 

Chi ha già sperimentato questa soluzione, concorda nell’affermare che l’ammontare della retribuzione non debba essere ridotto. Nulla va tolto ai lavoratori, sono la motivazione e la produttività a dover crescere. 

Percorsi di crescita, benefit e stipendio rimangono dunque invariati: si muove dal presupposto che ciò che si può fare in 5 giorni si possa fare anche in 4, e se non è possibile, basta rivedere obiettivi e priorità.

Italia e Smart Working 

In un’Italia per certi versi tradizionalista, l’integrazione dello smart working ha già rappresentato un passo significativo (forse grazie anche agli incentivi per lo Smart Working). Se verrà certamente mantenuto, almeno come forma di lavoro mista in molte aziende, qualcuno sembra essere ancora più avanti nell’ambito del ripensamento degli orari di lavoro.

Ci riferiamo a Carter&Benson e Avin. La prima ha introdotto la settimana lavorativa ridotta già nel 2020, dichiarando che se l’esperimento fosse riuscito, avrebbe ulteriormente ridotto l’orario, così che i dipendenti arrivassero a lavorare 4 ore a settimana in meno. I dipendenti di Carter&Benson possono scegliere autonomamente quale giorno lavorativo “eliminare”. Anche Avin nel 2020 ha accorciato la settimana lavorativa, che è attualmente di 32 ore.

Un’idea futuristica, innovativa e dal potenziale elevato. Per molti rappresenta un rischio, per altri una naturale evoluzione. E voi, cosa ne pensate? Se volete valutare rimodellamento degli orari lavorativi per i vostri dipendenti in somministrazione o staff leasing, parliamone insieme.

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