Lavoro all’estero: come deve essere gestito dall’azienda.

Lavorare dall'estero

Lo smartworking è entrato in modo consistente nelle nostre vite e possiamo stabilire marzo 2020 come data di inizio: ci siamo occupati in passato di chiarire le differenze tra smart working e telelavoro, perché abbiamo constatato come non fosse ancora compreso da tutti. Le opinioni si sono scontrate e noi crediamo sia ancora troppo presto per tirare le somme e fare considerazioni definitive su vantaggi (anche se la riduzione del traffico lo è di certo) e svantaggi 

Una questione che ha attirato la nostra attenzione – non solo la nostra, a dire il vero – è il fenomeno del nomadismo digitale ed eccoci allora a trasmettere ai datori di lavoro e a chi si occupa di risorse umane qualche accorgimento da seguire per gestire al meglio questo fenomeno (se sei arrivato fin qui per dirimere la questione smart working e buoni pasto, segui il link e leggi l’articolo dedicato!).

Ne abbiamo sentito l’esigenza perché mai come ora avvertiamo di vivere in un mondo cambiato, che forse non abbiamo ancora gli strumenti per comprendere: alcune distanze si sono accorciate, gli strumenti digitali sono stati potenziati e le sfide sono tantissime!

Il fenomeno dei digital nomads

Ma prima di tutti: chi sono questi digital nomads, dove vivono, cosa fanno e perché se ne parla così tanto? Ecco la risposta: i digital nomads, ovvero i nomadi digitali, sono lavoratori – subordinati o indipendenti – che svolgono la propria professione in giro per il mondo, spostandosi frequentemente o rimanendo fissi in un luogo, che non coincide con quello dell’azienda per cui lavorano. 

Un esempio: sono assunto da una software house di Milano, ma vivo e lavoro alle Canarie dalla mia casa vista mare. Per alcuni un autentico sogno, per molti datori di lavoro un’opportunità, ma per altri un grande punto di domanda che racchiude ancora troppe incognite.

Qual è l’identikit di questo lavoratore? Ha un’età compresa tra i 30 e i 49 anni, e più della metà di essi sono donne con un alto grado di istruzione. Ma ora che l’abbiamo definito, approfondiamo la questione più scottante, ovvero quella fiscale!

Smart Working e residenza fiscale

L’Agenzia delle entrate si è così espressa: “il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali di cui all’art. 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398”.

Un numero rilevante è quello della soglia dei 183 giorni, ma il datore di lavoro aggiornato deve tendere le orecchie alle nuove misure che potrebbero essere varate: parliamo di quelle che tutelano i dati aziendali, al diritto alla disconnessione e alla sicurezza del lavoratore. 

La deadline per la fine dello smartworking semplificato è in arrivo, è quindi fondamentale iniziare a valutare questi aspetti! Una bozza afferma che sarà in vigore il divieto di smartworking all’estero a meno che l’azienda non abbia sede fuori dai confini nazionali.

Quali sono gli impieghi che maggiormente si prestano a questa modalità di lavoro?

Attendendo il 31 dicembre, proponiamo una panoramica dei lavoratori che incontrano minore difficoltà nello svolgimento della propria professione in uno stato diverso!

Web developer

Su questo crediamo non ci fossero dubbi: chi scrive codice spesso può lavorare in totale autonomia e senza la necessità di confrontarsi con il team (attenzione, non è sempre così!).

Copywriter e articolisti

Chi scrive per le pagine web o lavora con la SEO spesso ha largo margine di autonomia, dunque risulta un candidato perfetto sia per lo smart working per che il lavoro all’estero!

Callcenter

Un fenomeno molto frequente e che spesso è connotato di accezioni negative, quello della delocalizzazione dei callcenter. Se da una parte è vero che possa lavorare all’estero, dall’altra in questo caso la lingua e il fuso orario influiscono molto.

Traduttore

Una delle professioni svolte all’estero per eccellenza, dove anzi il fatto di lavorare in un altro stato genera un vantaggio perché permette di tenere allenata la competenza linguistica.

Contabile

Qui si tratta di una professione borderline, perché siamo abituati a immaginare i contabili lavorare in uffici e studi. Il numero di professionisti che lavora all’estero invece è significativo, ma in questo caso dobbiamo fare attenzione a orari e norme italiane. 

Se sei un datore di lavoro sull’orlo di una crisi di nervi, possiamo capirti. Le regole sono tante, ma le eccezioni sono ancora di più: se vuoi ricevere una consulenza in materia di assunzioni o ricerca e selezione del personale per questa specifica esigenza, contattaci e saremo lieti di approfondire la questione con te!

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