Patto di non concorrenza per i dipendenti, di cosa si tratta?

Patto di non concorrenza

Sono tanti i termini che si intersecano in misura diversa quando sentiamo parlare di “Patto di non concorrenza”: i datori di lavoro sono consapevoli del fatto che sia una misura a volte necessaria, ma anche di come questa misura debba essere gestita in modo accorto verso i dipendenti, in fase di assunzione come di dimissioni.

Una limitazione? Un modo per vincolare legalmente i dipendenti? Quanto ha a che fare con il concetto di “esclusiva”? Rispondere a queste domande è opportuno per fugare ogni dubbio su questo patto e indagare perché costituisca una scelta strategica per le aziende.

Patto di non concorrenza: una prima definizione.

Prima di scendere nei dettagli, forniamo una preliminare e indispensabile definizione: il patto di non concorrenza si configura come un accordo scritto tra due parti, ovvero datore di lavoro e lavoratore. Le parti convengono nel prolungare, per il periodo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro, gli obblighi di fedeltà di cui all’art. 2105 c.c. imposti al lavoratore nel corso dello svolgimento del rapporto stesso.

L’art. 2105 del codice civico tratta l’“Obbligo di fedeltà”: Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.

I limiti previsti per il patto di non concorrenza

Giustamente – e siamo certi che i datori di lavoro che ci leggono non potranno che convenire – sono previsti dei limiti di validità nei riguardi del patto di non concorrenza. I limiti sono stati stabiliti per tutelare lo svolgimento della professione da parte del lavoratore e le opportunità di occupazione che succedono alla cessazione dell’impiego. 

Per rendere valido l’accordo, è necessario che sia redatto in forma scritta, che l’indennità erogata sia proporzionale all’attività oggetto del patto (può essere sotto forma di quota fissa o stabilita in  percentuale della retribuzione).

Il patto non concorrenza può essere contenuto nel contratto di assunzione oppure può essere presentato al lavoratore a parte: l’importante è che non venga affidato all’oralità, perché in questo caso risulterebbe nullo.

L’oggetto, l’area geografica e la durata

Questi elementi sono fondamentali per la redazione di patto di non concorrenza, quindi eccoci ad esplicitarli! 

  • Oggetto: occorre indicare nel modo più preciso possibile e accurati quali sono le attività oggetto della limitazione, che quindi non potranno essere svolte dal dipendente (include le diverse attività lavorative che il dipendente potrebbe esercitare in concorrenza con l’ex datore di lavoro, non solo quelle che rientrano tra le sue mansioni attuali); 
  • Area geografica: intendiamo, in questa sede, l’ambito territoriale di validità dell’accordo. I limiti geografici entro i quali l’accordo è valido sono fondamentali sia per la tutela del datore di lavoro, sia per permettere al lavoratore di fare le dovute valutazioni;
  • Durata: in questo caso, le regole sono ferree. Il patto di non concorrenza non può durare più di 5 anni per i dirigenti, che scendono a 3 per i lavoratori subordinati. Si consiglia, per chi redige l’accordo, di prevedere nel patto una gradualità del vincolo.

E nel caso di inadempienza da parte del lavoratore?

Quando è lecito per il datore di lavoro non corrispondere il patto di non concorrenza che si era concordato con il lavoratore? Parliamo della casistica di inadempimento, cioè quando il lavoratore non rispetta le condizioni che il datore di lavoro aveva stabilito. 

All’atto di cessazione del rapporto di lavoro, se il lavoratore viola il patto, le opzioni per il datore di lavoro sono: 

  • risolvere il patto di non concorrenza per inadempimento, chiedendo la restituzione del corrispettivo pagato ed il risarcimento dei danni subiti (potrebbero essere stati predeterminati da una clausola penale);
  • chiedere l’adempimento del patto di non concorrenza, e conseguentemente iniziare una procedura d’urgenza al fine di ottenere un provvedimento che imponga al lavoratore la cessazione dell’attività concorrenziale.

L’erogazione dell’indennità al lavoratore

Un punto fondamentale riguarda l’erogazione dell’indennità al lavoratore. Come avviene? Principalmente sono due le modalità maggiormente utilizzate, cioè: 

  • una tantum al momento della cessazione del rapporto di lavoro: l’indennità è equiparata, in termini di tassazione, al trattamento di fine rapporto e sottratta agli obblighi contributivi;
  • in costanza del rapporto di lavoro, tramite percentuale fissa o crescente della retribuzione del lavoratore: ha in questo caso natura retributiva e concorre a formare la base per il calcolo del trf, nonché equiparata fiscalmente alla retribuzione stessa del lavoratore. 

Cosa ne pensi di questi accordi? Pensi siano uno strumento di tutela essenziale per il datore di lavoro? Queste informazioni ti sono state utili per costruire un fac simile dell’accordo? Per noi, la tutela delle aziende che ci scelgono per le proprie ricerche di personale è fondamentale: se vuoi approfondire le nostre opzioni di gestione dei lavoratori, non devi fare altro che contattarci.

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