Yolo economy: di cosa si tratta?

Yolo economy: di cosa si tratta

Era marzo 2020 e mentre l’Italia chiudeva aprivano small business online, nuove idee si facevano strada nelle menti dei lavoratori e tutto – ma proprio tutto – assumeva un nuovo significato. Gli italiani scoprivano lo smart working o il telelavoro e molti di essi – tra connessioni vacillanti, bambini e animali davanti o dietro il monitor – si ponevano di fronte a un interrogativo che, a quasi due anni da quella data, inizia a trovare una soluzione. 

“Ma questa è vita?”. Per molti, la pandemia è assorta a spartiacque tra progetti di vita e carriera sentiti ormai troppo lontani, desiderio di creare qualcosa di proprio e lasciare il segno nel mondo, inseguendo un ideale che ci riporta indietro nel tempo e che trova una sua concretizzazione in un acronimo: YOLO economy. Perché si vive una volta sola e molti giovani italiani non sono più disposti a mettere il lavoro (inteso come lavoro subordinato, scandito da orari e obiettivi definiti) al centro.

Ma andiamo con ordine, cercando di capire cosa questa you-only-live-once economy abbia a che fare con il recente ripensamento dei paradigmi lavorativi, con il lavoro agile e la crescente incertezza sperimentata da chi ha visto il proprio ordine sconvolgersi.

Un risvolto della pandemia: cambiare vita per inseguire la felicità

“You only live once, that’s the motto!”, cantava il rapper Drake dieci anni fa, plasmando nel suo testo ideali e aspirazioni destinati a cambiare le nuove generazioni. Ma tralasciando le canzoni, cosa si intende concretamente con Yolo Economy, e perché non si fa che parlare di questo ultimamente? 

Si parla di cambiare vita, abbracciando ideali più flessibili, respirando un’aria diversa: il cambiamento è stato stimolato dal periodo trascorso in smart working che ha segnato una spaccatura nel modo di lavorare. Si è speso meno, in lockdown, e ci si è accorti di alcune necessità che – tornando a quella forse non è neanche più “vita reale” – si sono fatte più pressanti. 

Il tempo è il principale vettore di scelta. I giovani, ovvero la generazione dei millenials e la gen z, cercano occupazioni che permettano di gestire le attività quotidiane in modo agile, senza dipendere da nessuno. Un mestiere che permetta di viaggiare, da svolgere in soggiorno come in camper, lavori da freelancer che stimolino la creatività e proiettino – in molti casi – verso la possibilità di vivere da digital nomad lavorando all’estero.

Ricominciare, ma da cosa? I settori più gettonati

Prima di elencare i settori che maggiormente attraggono i lavoratori insoddisfatti, una considerazione: chi cambia, lo fa tenendo in considerazione, anche in base all’esperienza personale, i settori che sono usciti rinvigoriti dalla pandemia, quelli che sono stati investiti dalla digitalizzazione per sopravvivere e i nuovi spiragli apertisi a fronte delle esigenze della popolazione. 

Ecco allora che ad affascinare è il settore della mobilità sostenibile, il web (nello specifico comunicazione, digital marketing e copywriting), tutto ciò che concerne e-commerce (dai servizi spedizionieri all’ideazione di nuovi business online) ma anche benessere organizzativo e servizi alla persona. A fungere da fil rouge, digitalizzazione, innovazione e possibilità di lavorare in ogni parte del mondo.

E il posto fisso?

E quel posto fisso tanto caro a Checco Zalone, che fine ha fatto? Certamente interessa ancora, ma i driver di scelta si sono spostati verso creatività e autonomia, in questo periodo. I lavoro che attraggono solo quelli che permettono di esprimersi, le modalità contrattuali sono passate – per alcuni – in secondo piano. 

Non solo scelte radicali, è giusto precisarlo: un numero significativo di professionisti ha affiancato al proprio mestiere un’attività parallela, spesso a contatto con la natura o di grande carica creativa. Fiorite le startup, che – come ben sappiamo – nascono sovente dal desiderio di trovare una soluzione scalabile e smart ad un’esigenza condivisa: è il caso dell’agenzia per il lavoro Jobtech, per esempio!

Numeri e incertezze

Riportiamo i numeri di Il Sole 24 Ore in proposito, per fornire uno spaccato quantitativo di ciò che stiamo raccontando: sono gli under 35 i più interessati a cambiare il proprio futuro lavorativo. Il 28,4% di essi inoltre pensa di cambiare città. Un numero allarmante arriva inoltre dal World Trend Index 2021 di Microsoft, dove si afferma che più del 40% dei lavoratori intenda lasciare il proprio impiego nel breve periodo, mentre il 46% desidera cogliere l’opportunità di esplorare il nomadismo digitale.

Eccoci allora a rivolgere un appello ai datori di lavoro all’ascolto: non trascurate i segnali che vi mandano i lavoratori, percepite il disagio che li investe e siate consapevoli del momento storico in cui ci troviamo. L’asset principale delle aziende sono proprio le persone, e perderle – per un’azienda – è un danno gravissimo e irrimediabile. 

Jobtech può essere tuo partner in questo momento unico in cui ci troviamo, segnato da progresso e cambiamento: se vuoi parlare con noi di benessere dei dipendenti, formule contrattuali più flessibili (come la somministrazione) oppure per la selezione di qualcuno che si occupi di organizzazione, employer branding o talent acquisition… Contattaci! Chi l’ha detto che il cambiamento di vita non può partire all’interno dell’azienda stessa?

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

    Seleziona se sei un’azienda o un lavoratore, ti invieremo solo le notifiche che ti interessano.

    aziendalavoratore

    Success! Thanks for Your Request.
    Error! Please Try Again.
    Success! Thanks for Your Request.
    Error! Please Try Again.