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Le testate giornalistiche, online e non, pullulano di notizie sul quiet quitting. Così come, da un anno a questa parte, sono aumentati i post sui social di chi vuole dire la sua sull’argomento. Solo su TikTok – quest’estate – l’hashtag #quietquitting aveva raggiunto quasi 9 milioni di visualizzazioni in pochi giorni, e numerose altre piattaforme non mancano di proporci ogni giorno nuovi contenuti a riguardo.
Non ci sembra una novità, visto che si tratta di un trend in aumento, che – a differenza del Job Hopping – coinvolge soprattutto gli appartenenti alla Generazione Z. Ma cos’è, in pratica, il fenomeno del quiet quitting? Perché molte aziende lo definiscono pericoloso e in che modo è possibile contrastarlo? Scopri le risposte in questo articolo!
Cos’è il quiet quitting?
Il quiet quitting – letteralmente abbandono silenzioso – è un termine anglosassone che indica un particolare tipo di atteggiamento di alcune persone verso il proprio lavoro. La traduzione di questo fenomeno – dall’inglese to quit, dimettersi – può sicuramente trarre in inganno, perché in realtà non ha nulla a che fare con la decisione di abbandonare il lavoro licenziandosi.
Sempre più in voga negli ultimi tempi, soprattutto a seguito dei danni causati dal Coronavirus – di natura economica ma anche psicologici – il quiet quitting viene considerato come il rifiuto delle persone per una cultura stacanovista che tende a vedere il lavoro al centro della vita del singolo. L’approccio di un quiet quitter è il seguente: fare solo lo stretto indispensabile entro l’orario di lavoro, evitando tutto ciò che può essere considerato “extra”. Una sorta di ribellione verso uno stile lavorativo in grado di minare il proprio personale work life balance, arrivando a provare stress, insoddisfazione e malessere. Tre fattori che possono portare ben presto a tristi episodi di burnout.
Le opinioni sul quiet quitting sono molto contrastanti tra di loro. C’è chi pensa che dedicare al lavoro il minor impegno possibile sia l’unico modo per ricercare e promuovere il benessere individuale, altri pensano che sia segno di una scarsa motivazione e ambizione. Quello su cui dovremmo essere tutti d’accordo è che è importante innanzitutto indagare le ragioni di chi si ritrova coinvolto in questo fenomeno, così da capire come poter intervenire.
Quiet quitting: alcune delle cause che spingono a praticarlo
Non ci si sveglia una mattina dal nulla scegliendo di mettere il lavoro in secondo piano. Le motivazioni che si celano dietro al quiet quitting possono essere molteplici: da una mancanza di stimoli a un contesto poco gratificante, passando per problemi personali o di salute. Noi ne abbiamo individuate cinque in particolare da monitorare:
- Il bisogno di riconoscimento e di una maggiore autonomia;
- Il desiderio di dedicarsi ad altre attività;
- La frustrazione per un ruolo non soddisfacente;
- La mancanza di progressione nella carriera;
- L’insoddisfazione verso l’ambiente di lavoro o il rapporto con i colleghi.
Ovviamente potrebbero essercene molte di più… Ma questo può dipendere da caso a caso, in base al contesto aziendale, al tipo di ruolo che si ricopre o ad altri fattori più o meno rilevanti.
Come prevenire il quiet quitting nelle aziende?
Il punto di vista dei lavoratori lo abbiamo analizzato. Ma le aziende, invece, come devono comportarsi per non perdere l’interesse dei propri talenti? Secondo noi non c’è soluzione alternativa alla prevenzione. Anche perché, oltre ad avere un impatto negativo sul clima aziendale e sul benessere dei dipendenti, il quiet quitting può portare ad una netta diminuzione delle performance. Come fare, dunque, per evitare che i propri collaboratori siano sempre meno ingaggiati? Sicuramente si potrebbe pensare di adottare alcune best practises, che ti elenchiamo:
- Offrire maggiori opportunità di crescita e sviluppo;
- Migliorare il più possibile la comunicazione aziendale interna;
- Ridurre il carico di lavoro, se considerato eccessivo;
- Favorire lo spirito di collaborazione tra i dipendenti.
Queste sono solo alcune delle tante possibilità, ma chiaramente andrebbero analizzate con criterio e da persone esperte con competenze specifiche.
Abbiamo visto in questo articolo che gli effetti negativi che il quiet quitting può generare vanno affrontati in modo concreto. Le aziende che vorranno distinguersi dalla concorrenza dovranno investire in questa direzione, promuovendo un ambiente di lavoro sereno, positivo e soprattutto basato sulla valorizzazione del talento. Se desideri approfondire l’argomento e scoprire in che modo possiamo supportare la crescita della tua impresa, contattaci: ti anticipiamo che con i nostri servizi possiamo aiutarti a selezionare le persone di cui hai bisogno!
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