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La parità salariale tra uomo e donna, per molte è ancora un miraggio. Una questione complessa dalle radici profonde, così profonde che spesso si è temuto di non poterle sradicare. La parità non riguarda solo gli stipendi, ma è alla base di un’autentica rivoluzione del ruolo della donna sul lavoro, come ha più volte evidenziato – tra le altre – Laura Boldrini (la citiamo per il numero consistente di critiche ricevute proprio a causa di queste battaglie): si parla di compensi, ma anche di discriminazioni, di poter avere un’occupazione a prescindere dal desiderio – o meno – di maternità.
Considerazioni forse scontate per chi lavora in contesti illuminati e fruisce di asili aziendali, ma che non sono così ovvie per moltissime lavoratrici subordinate. In questo articolo vogliamo affrontare quella fondamentale novità che è la recentissima approvazione da parte del Senato del Ddl sulla parità salariale.
Dopo il via libera da parte della Camera nella giornata del 13 ottobre 2021, con 393 voti favorevoli (nessun contrario!) è stato un susseguirsi di reazioni favorevoli, entusiasmo da parte di ogni fazione politica: noi, in Jobtech, non possiamo che unirci a questa ondata di approvazione per una causa che abbiamo abbracciato e sentito nostra fin da subito!
Legge sulla parità salariale: cosa prevede
Gender equality, l’accordo arriva anche in ambito salariale: la parità salariale tra uomini e donne in Italia dovrà realizzarsi compiutamente, pena sanzioni durissime per chi non vi si attiene o dichiara il falso. Un passo importante per tutti, nel nostro Paese.
Il testo unico, composto di sei articoli, tratterà delle “pari opportunità tra uomini e donne in ambito lavorativo” e andrà ad integrare il già esistente Codice delle Pari Opportunità. L’obiettivo non è solo quello di colmare il gender pay gap, che con la crisi sanitaria aveva acuito un problema già esistente, ma anche quello di tutelare le donne da discriminazioni di ogni natura sul posto di lavoro.
Troviamo significativo che la Legge di Bilancio 2022 abbia incluso l’obbligatorietà del congedo di paternità e l’esonero al 50% per un anno del versamento dei contributi previdenziali a carico delle madri dipendenti nel settore privato che rientreranno al lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità.
Cosa si intende per discriminazione?
Un ulteriore punto importante e pietra miliare è la ridefinizione dell’atto discriminatorio, che viene così descritto: “ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità (anche adottive) può porre il lavoratore in una delle seguenti condizioni:
- posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;
- limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;
- limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e progressione di carriera.
Cosa cambia (in meglio) per le aziende
Tante le novità per le aziende, che – auspichiamo – accoglieranno con entusiasmo ciò che il testo prescrive. Ecco così si prospetta a livello organizzativo:
- La “Certificazione della parità di genere”: a partire dal 1° gennaio 2022, le aziende saranno chiamate a presentare un documento che attesti le misure predisposte dai datori di lavoro per ridurre il divario, a livello di opportunità di crescita, salari, mansioni, politiche interne e tutela e gestione della maternità. Siamo in attesa del decreto del presidente del Consiglio dei ministri che definisca i criteri minimi per ottenere la certificazione.
- Sgravi aggiuntivi: le aziende che al 31 dicembre dell’anno precedente otterranno la certificazione, avranno diritto a uno sgravio fino a un massimo di 50mila euro annui, applicato su base mensile.
- Report biennale: le aziende pubbliche e private con più di 50 dipendenti dovranno presentare un rapporto sulla situazione del personale e sulle pari opportunità sul luogo di lavoro. In caso di inottemperanza, via alle sanzioni: prevista la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti.
Il nostro desiderio è che tutte le aziende diventino – di fatto – Best Workplaces for Woman: nel 2021 si sono distinte conquistando il podio Sebach, Biogen e American Express, per presenza femminile in azienda e all’interno del management e parity index femminile (un indice che prende in esame possibilità di assentarsi dal lavoro, retribuzione equa, profit sharing, equità delle promozioni, assenza di favoritismi, imparzialità legata al genere).
Dal 1944 al 1956: tappe importanti per la parità dei salari
Per completare il quadro, vogliamo soffermarci su due eventi importanti per la parità salariale in Italia. La prima tappa ha come sfondo Biella, una cittadina piemontese da sempre nota in ambito tessile: è qui che industriali e operai firmarono il “Patto della Montagna” nel 1944, primo atto in EU a sancire la parità dei salari tra uomini e donne. L’obiettivo? Salvaguardare la produzione e la dignità del lavoro, in un’Italia assediata e alle prese con la fame.
Siamo ora nel 1956: la legge sulla parità salariale, al secolo “Convenzione sull’uguaglianza di remunerazione”, vede la luce grazie all’impegno dell’associazionismo femminile e dei movimenti operai. Nel 1963 invece vengono dichiarate nulle le “clausole di nubilato” presenti allora nei contratti di lavoro, e le donne possono finalmente accedere a tutte le professioni, pubbliche e private.
Abbiamo raccontato le novità del decreto, quelle più operative per le imprese e fornito un quadro storico su come le donne hanno ottenuto la parità salariale. Se la tua domanda è “Cosa può fare un’impresa oggi?”, non vediamo l’ora di raccontarti come Jobtech – tramite i suoi servizi per le aziende – può aiutarti a garantire trattamenti equi e valorizzanti per le donne all’interno dell’azienda. Contattaci!
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